REASON TO LIVE, A

Titolo Coreano:

오늘

Pronuncia Originale:

Oneul

Titolo Italiano:

Una ragione per cui vivere

Regista:

Anno:

2011

Durata:

119 min

Nazione:

Corea del Sud

Formato:

35mm

Tipologia:

Colore:

Colore

Lingua:

Coreano

Sottotitoli:

Italiano, Inglese

Genere:

Distribuzione Internazionale:

Sceneggiatori:

Direttore alla Fotografia:

Edizione Festival:

Sezione Festival:

Sinossi:

Da-hae who perde il suo fidanzato in un fatale incidente di macchina. Sostenuta dalla sua fede perdona il responsabile, un ragazzino di 15 anni, e firma una petizione per salvarlo dalla pena capitale. Un anno dopo si ritrova a girare un documentario a sostegno dell’abolizione della pena di morte commissionato dalla Chiesa Cattolica. Man mano che il tempo passa ed il lavoro progredisce si ritrova ad intervistare vittime di violenza a fare nuovamente i conti con il dolore, sia questo dovuto ad un lutto subito, o ad una violenza vissuta in prima persona, e con l’opportunità di perdonare.

Recensione Film:

A Reason to live è una pellicola dalle molteplici sensazioni e dai forti contrasti. Il linguaggio è asciutto, ma mai arido, esposto, ma mai parziale. I molti modi di affrontare il dolore o rifuggirlo vengono esposti senza giudizio che li avalli o smantelli, secondo un principio di rispetto dell’individuo che è unico padrone e testimone del fiume in piena di sensazioni che investono un io ferito e lacerato. E’ quasi un’inchiesta di per se’, questo film che un’inchiesta a modo suo la narra, una riflessione antropologica sulle reazioni della mente e dell’anima, alla perdita, all’abuso, allo strazio. E’ questa ricerca personale ed ossessiva di una ragione per cui vivere per chiunque abbia subito un dolore tanto grande, che appunto si insinua nei racconti dei sopravvissuti: c’è chi la trova nell’odiare, chi nel compatirsi, chi nel giustificare e chi nel perdonare. Ma a dispetto di quello che si possa pensare ognuna di queste reazione è posta sul medesimo piano, senza esaltazione alcuna per la scelta più ardua, quella del perdono, appunto, che qui viene esposta senza esibizione, non sbandierata, ma spiegata.