

ACACIA
I coniugi Kim, Mi-sook e Do-il, adottano il seienne Jin-seong. Che è bravo nel disegno (seppure tetro), taciturno, poco socievole e ossessionato dall’albero di acacia nel giardino di casa. Quando poi la donna resta incinta, il bambino dimostra atteggiamenti inquietanti: e una notte, durante un temporale, scompare. Il rapporto della coppia va in crisi, mentre accadono alcuni incidenti strani e mortali proprio nei pressi dell’albero (la madre di lei finisce in ospedale e il padre di lui sottoterra): dov’è veramente Jin-seong?
Il terzo lungometraggio di Park Ki-hyung è un horror che indaga il disintegrarsi di un rapporto di coppia con claustrofobia efficace. Quasi un kammerspiel tutto chiuso tra le pareti di casa e gli steccati del giardino in cui svetta il misterioso albero del titolo, Acacia ha un incedere piano, senza scossoni né concessioni allo spavento facile; così facendo, entra sottopelle e lascia progressivamente una sensazione di follia fuori controllo che sgomita per esplodere. Da mandare a memoria, tra le altre, la sequenza della casa tappezzata di fili di lana rossa: notevole invenzione scenografica e metafora dell’intrico psicologico dei personaggi al quale essi sono destinati a soccombere. Tra gli interpreti, la star degli anni ’90 Shim Hye-jin (The Gingko Bed, Green Fish), Kim Jin-geun (The Legend of Gingko, The Scarlett Letter), Park Woong (Another Public Enemy) e Lee Yeong-hee (April Snow, Voice of a Murderer).