


BITTERSWEET LIFE, A
Seon Woo è proprietario de “La Dolce Vita”, un american bar che funge anche da quartier generale per le attività illecite che il giovane porta avanti come braccio destro del boss locale, Kang. I guai per Seon Woo cominceranno quando Kang, sospettoso, gli ordinerà di pedinare la propria giovane fidanzata, Hee-soo. Trovata Heo-soo tra le braccia del proprio amante, Seon-woo decide istintivamente di lasciarli fuggire. Kang, furioso, dichiara guerra a Seon woo, costretto così ad una battaglia inevitabile contro quello che un tempo era il suo branco.
Dopo le felici escursioni nella commedia (dal black di The Quiet Family al kitch di The Foul King) e nell’horror (Three ed A Tale of Two Sister), Kim Jee-woon giunge al proprio periodo noir, con un’opera in cui il melodramma gangsteristico assume una dimensione quanto mai affascinante.
A Bittersweet Life vanta una fotografia di sicuro impatto, con tonalità che si evolvono con la narrazione dal metallico al pastello, accompagnando gli umori e il conflitto emotivo dei caratteri in gioco, in una storia scevra da banalità. Seguendo la parabola del protagonista, anti-eroe romantico ‘illuminato’ che va incontro al proprio destino senza rinunciare a sfidarlo, Kim Jee-woon dà vita ad un’opera varia, con componenti concorrenti dei generi noir, action-thriller e melò: un’opera che ha scatenato l’entusiasmo di folle e critica, evocando talvolta paragoni addirittura con Old Boy, capolavoro di Park Chan-wook. Ancora un volta il cinema coreano si conferma capace di offrire un intrattenimento d’autore. Presente fuori concorso al 58˚ festival di Cannes.