OLD BOY

Titolo Coreano:

올드보이

Pronuncia Originale:

Oldeuboi

Titolo Italiano:

Old Boy

Regista:

Anno:

2003

Durata:

120 min

Nazione:

Corea del Sud

Formato:

35mm, DCP

Tipologia:

Colore:

Colore

Lingua:

Coreano

Sottotitoli:

Italiano, Inglese

Genere:

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Distribuzione Internazionale:

Produttore:

,

Musiche:

Direttore alla Fotografia:

Direttore Artistico:

Direttore delle Luci:

Costumista:

Effetti Speciali:

Edizione Festival:

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Rassegna/Retrospettiva:

Sinossi:

Dae-su è sequestrato proprio il giorno del quarto compleanno della figlia; viene allora rinchiuso in un piccola stanza, fornita di una TV dalla quale apprende dell’omicidio della moglie a lui attribuito. Distrutto dalla notizia e sfinito dalla prigionia di cui non conosce il motivo, tenta il suicidio. Una mattina si risveglia sul tetto di un palazzo: da qui inizierà la ricerca del misterioso rapitore. Il suo viaggio terminerà in un hotel: si consumerà la vendetta tanto agognata?

Recensione Film:

La seconda opera della trilogia incentrata sulla vendetta è ispirata a un manga giapponese. “Oldboy” sta a “ragazzo vecchio” come Dae-su sta per “star bene con gli altri” (questo il significato del nome del protagonista). Il film ha come caratteristica la “contraddizione che ritroviamo sia nel plot (Dae-se entra da vecchio al momento della reclusione e ne esce ringiovanito dopo quindici anni) sia nella cifra stilistica in cui si mescola, abilmente, non-sense e iperrealismo. Uno stile che predilige la contaminazione, fatto di primissimi piani, voice off, grandangoli deformati, montaggio serrato, interazioni fra passato e presente. Il regista non fa della citazione un uso puramente cinefilo, ma essa diventa piuttosto uno sguardo su un mondo freddo, nevrotico, in cui il gesto d’amore (quando c’è) si fa blasfemo o dominato dall’ipnosi. La vendetta diventa a tal punto necessaria da non essere più un piatto che va servito freddo, né un gesto liberatorio, ma lega ancor più chi la compie a un passato che vorrebbe dimenticare. Il significato nome Dae-su, “star bene con gli altri”, non assume alla fine nessun senso se non quello di un sorriso forza nei momenti di massimo dolore.