CROCODILE

Titolo Coreano:

악어

Pronuncia Originale:

Ag-eo

Titolo Italiano:

Il Coccodrillo

Regista:

Anno:

1996

Durata:

100 min

Nazione:

Corea del Sud

Formato:

35mm

Tipologia:

Colore:

Colore

Lingua:

Coreano

Sottotitoli:

Italiano, Inglese

Distribuzione Internazionale:

Edizione Festival:

Sezione Festival:

Rassegna/Retrospettiva:

Sinossi:

Crocodile vive aspettando sotto un ponte sul fiume Han i suicidi per sottrarre ai cadaveri i loro averi. Ma un giorno Crocodile salva una aspirante suicida e la obbliga a stare con lui, violentandola e abusando di lei. Quando lei cerca nuovamente di gettarsi nel fiume, anche Crocodile tenta il suicidio...

Recensione Film:

Primo lungometraggio di Kim Ki-duk, Crocodile è per il suo autore la conclusione di un periplo europeo che parte da Parigi. Caschetto incollato sulla testa e gestualità goffa da timido, Kim Ki-duk è quanto di più lontano si possa immaginare dall’immagine del “cattivo ragazzo” che gli viene affibiata. Dall’eloqio sopedito, attraverso il dettaglio descrive i suoi viaggi e il tempo trsascorso a Palavas-les-Flots a dipingere.
Kim Ki-duk afferma di non aver visto molti film e di aver esordito con Crocodile ignorando le regole fondamentali del linguaggio cinematografico. Alla visione del film, questa affermazione non può non stupire, tanto le forme di quel romanticismo della marginalità che dispiega fanno esplicito riferimento a un certo cinema “post-”, da Jean-Jacques Beinex a Carax. Luce bluastra ed elegia del cadente compongono fin da questo momento un universo dall’estetismo un poco desueto. Allo stesso modo la situazione iniziale si rivela indebolita da un carattere allegorico un po’ maldestro, riunendo tre generazioni di uomini sulla banchina del fiume per meglio modificarle attraverso l’introduzione di un personaggio femminile. Questo partito preso allegorico raggiungerà il suo apice in The Isle, film-poema nel quale il minimalismo della scenggiatura datrà maggiore legittimità ai simboli. Crocodile dunque di dà conto delle evoluzioni di un branco maschile, dominato dalla forza di Crocodile passando per la costituzione di una para-famiglia per arrivare alla dissoluzione finale. Pittore di formazione, Kim Ki-duk conosce fin troppo bene le sirene della sistematizzazione per non aderirvi: e Crocodile si fa ricordare soprattutto per la brutalità fantasmatica del suo personaggio principale. Comme en de ça di un romanticismo del fallimento, Crocodile è animato solo dal suo imperioso desiderio vitale. Nato come un odio contro tutti, il desiderio che anima Crocodile si incanala nell’amore per una bella uscita dai flutti. Un repentino mutamento che il film non si occupa di spiegare, e a buon diritto: questo amore e la promessa di un futuro che esso porta con se scivola ben presto nella vendetta compiuta in suo nome. Tutto è questione di sofferenza e di violenza qui, e il dono di se deve inevitabilmente passare dalla riconduzione di una collera egoista e primordiale. Ma non è la fugace illusione di un surrogato di famiglia che motiva questo anti-eroe, ma l’impossibilità in cui si trova di elaborare un progetto che includa una persona che non sia lui stesso. Allo stesso modo l’illusione amorosa cede all’ultimo momento davanti alla potenza dell’istinto di sopravvivenza: e Kim Ki-duk ci offre una delle sequenze più sconvolgenti di questo festival (L’Etrange Festival, n.d.t.) per sostenere una volta in più che la vita e le sue battaglie sono, una volta per tutte, sovrane e individuali.

La folgorante opera prima di Kim Ki-duk contiene già molte di quelle che saranno le caratteristiche del suo cinema. Nella parabola (piena di riferimenti autobiografici) di un reietto che vive ai margini di un fiume e che ogni giorno sprofonda sott'acqua per racimolare qualcosa per vivere, ci sono l'estrema e disturbante marginalità di un pezzo di mondo che nessuno vede, la violenza e il potere sull'altro sesso che passano attraverso le ferite del corpo, la naturale istintività di uno sguardo che sa trasformare la sporca e materica realtà, sublimandola in un geometrismo astratto. Esempio di cinema della carne, della passione animalesca e della perdizione che non assomiglia a niente, Crocodile è un film splendidamente immaturo, che procede per accumulazione di situazioni più che rispondere a un disegno narrativo coerente. Ma capace, allo stesso tempo, di tradurre in ogni immagine la magmatica ossessione che Kim nutre verso il mondo, sulla strada di un cinema che respinge ogni forma di possibile mediazione. E proprio per questo si dimostra di un'originalità sconvolgente.
Marco Luceri